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Violazione obblighi normativa antiriciclaggio. Dottore commercialista. Prescrizione

Approfondimento di settore

La normativa antiriciclaggio, prevista dal d.lgs. 231/2007 e successive modifiche ed integrazioni, presenta ancora oggi una serie di argomenti non chiari e che si possono prestare a molteplici valutazioni.

Nei confronti dei professionisti, soggetti tenuti ad una serie di obblighi strumentali tra cui il principale è l'effettuazione dell'adeguata verifica del cliente, le presunte violazioni contestate dalla Guardia di Finanza possono arrivare a cifre non indifferenti, come comparso recentemente sui giornali, per contestazioni circa il corretto assolvimento degli obblighi previsti da effettuare relativamente alle pratiche del super bonus del 110%.

Non sempre la difesa da parte di un avvocato antiriciclaggio ha la possibilità di ottenere il risultato sperato, ossia la non emissione di un decreto sanzionatorio, tuttavia la redazione di memorie difensive ben strutturate e di un successivo ricorso al competente Tribunale motivato, possono ridurre le pretese dei militari.

Motivo di "soddisfazione" per il presunto responsabile è spesso rappresentato dalla prescrizione degli eventi, come accaduto nella vicenda appresso riportata, con la quale il Tribunale della capitale ha annullato un decreto sanzionatorio emesso dal Ministero nei confronti di un dottore commercialista, fornendo una chiara interpretazione di come l'istituto della prescrizione sia applicabile nelle vertenze che hanno come oggetto la normativa antiriciclaggio.

Con ricorso ritualmente notificato, in opposizione alla contestazione circa la violazione dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta, l'opponente eccepiva:
1. la decadenza del procedimento sanzionatorio ex art.69, co.2, d.lgs. 231/2007;
2. l'estinzione del procedimento ex art.28 legge n. 689/1981;
3. l'inesistenza della violazione;
4. la contestazione di fatti antecedenti all'applicabilità della normativa antiriciclaggio ai professionisti;
5. l'assenza di sospetto in ordine alle possibili operazioni di riciclaggio;
6. il difetto di motivazione;
7. l'applicazione del principio del favor rei e la violazione dell'art.6 della Legge 689/1981, cui conseguiva una quantificazione della sanzione nulla ed erronea.

In via preliminare di merito, il Giudice naturalmente si soffermava sulle eccezioni di prescrizione, rilevando che:
⁃ il termine di due anni (art.69, c.2, d.lgs. 231/2007) per la conclusione del procedimento sanzionatorio (di cui al primo punto) decorre dalla data di ricezione della contestazione notificata dagli organi accertatori all'amministrazione procedente, periodo entro il quale deve essere emessa l'ordinanza-ingiunzione (è sufficiente la sua emissione e non la successiva notifica);
⁃ l'organo accertatore deve avvalersi di PEC per fornire data certa di trasmissione.

La legge non precisa, invece, quale possa considerarsi il termine a disposizione degli operanti per l'invio del processo verbale di constatazione al Ministero procedente notificato regolarmente dagli accertatori al contravventore. In ogni caso, qualora il presunto responsabile inoltri al Ministero formale richiesta di essere ascoltato nel corso del procedimento, il termine è prorogato di ulteriori sei mesi, anche se, successivamente, l'interessato comunichi di voler rinunciare alla richiesta formulata in precedenza. Proprio in virtù di quest'ultima motivazione, il Giudice constatava che il Ministero aveva agito nei tempi previsti.

Neppure il richiamo ai termini indicati dalla legge 241/1990 poteva trovare applicazione, non essendo questa normativa applicabile alla materia in questione; la norma citata, infatti, prevede che il procedimento amministrativo si concluda nel termine di trenta giorni, ovvero novanta giorni secondo la nuova formulazione, ma è incompatibile con i procedimenti regolamentati ai sensi della L. 689/1981, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto, "delineante un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi e i cui tempi sono regolati in modo da non consentire il rispetto di un termine così breve".

È stata invece accolta dal Tribunale l'eccezione di prescrizione quinquennale prevista dall'art.28 della L. 689/1981, con l'importante precisazione che tale termine "non ha tuttavia natura procedimentale, ma sostanziale, poiché il suo inutile decorso comporta l'estinzione del diritto alla riscossione". L'art.28 della L.689/1981 dispone che: "Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione. L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile".

Avendo rilevato che i fatti ai quali era stata imputata una presunta violazione dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta risalivano a oltre cinque anni dall'avvenuta contestazione, il Tribunale ha annullato il decreto sanzionatorio; le successive eccezioni rimanevano così "assorbite" dalla prescrizione e le spese legali venivano compensate.

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