Sequestro ittico, Montaruli: «Non generalizziamo». Plauso della Coldiretti
I commenti all'operazione della Guardia Costiera nella Bat
martedì 10 ottobre 2017
12.27
Appena conclusasi l'operazione della Capitaneria di Porto di Barletta negli esercizi pubblici e commerciali dei dieci comuni della Bat. Ad essere sottoposti a controlli e verifiche le imprese dedite alla commercializzazione dei prodotti della pesca, della vendita di prodotti ittici freschi e della somministrazione al pubblici di pasti quindi anche ristoranti, trattorie ed esercizi similari.
Nella fattispecie l'attenzione dei militari della Capitaneria di Porto si sarebbe concentrata su pescherie e ristoranti della provincia. Immediatamente dopo le operazioni di verifica e di controllo è stato il presidente UNIBAT – Settore Turismo e Pubblici Esercizi della Bat, Savino Montaruli, ad intervenire anche su questi casi, dopo averlo fatto in modo approfondito su quelli immediatamente precedenti che hanno interessato le gelaterie di ben 12 comuni delle province di Bari e della Bat.
Anche in questa circostanza Montaruli analizza i dati dei rilievi, esattamente come aveva fatto per le gelaterie, evidenziandone gli aspetti "mediatici" che non devono mia superare i "fatti". Il sindacalista andriese ha dichiarato: «L'incremento dei controlli e delle verifiche sugli esercizi commerciali e su quelli pubblici sono sempre elemento di soddisfazione perché in ballo ci potrebbe essere anche la salute dei consumatori e la leale concorrenza tra gli operatori. Esattamente come ho fatto, ed a quanto pare resto ad averlo fatto solamente io, con la questione relativa alle gelaterie, ridimensionando completamente quanto accaduto, sganciandolo da fatti e circostanze estranee e specificando in modo puntuale il contesto delle verifiche, anche in questa occasione sento il dovere di tutelare completamente l'immagine complessiva di pescherie e ristoranti della provincia.
Premesso che parliamo di esercizi commerciali e pubblici di grandissimo spessore e livello, invidiati in tutta Italia e spesso anche nel mondo per bontà gastronomiche, arte della preparazione, qualità e freschezza dei prodotti lavorati, venduti e somministrati, tutto questo premesso mi sembra giusto, corretto ed opportuno affermare che i sequestri dei 500 chilogrammi di prodotto ittico di vario genere sarebbero avvenuti non perché in cattivo stato di conservazione né perché avrebbero potuto arrecare danno alla salute umana ma "semplicemente" perché sforniti della prevista documentazione di tracciabilità ed etichettatura. Un'infrazione? Certo, sicuramente un'infrazione punibile per legge ma è opportuno precisarlo e sottolineare che si tratterebbe "solo" di questo e le motivazioni dell'assenza di tale documentazione vanno sicuramente approfondite, accertate quindi punite. Il numero esiguo, molto esiguo, quasi insignificante delle sanzioni amministrative elevate nella circostanza, sottolineo "amministrative", sarebbero addirittura solamente 9 per un ammontare totale di alcune migliaia di euro. Tutto questo va bene ma l'importante è che il messaggio arrivi al consumatore, al pubblico ed al lettore in modo chiaro e preciso.
Forse questo per quanto riguarda le gelaterie controllate alcuni giorni fa non è stato fatto e la confusione dovuta ad un'impropria "generalizzazione" dei casi non ha fatto bene anzi ha fatto malissimo. In quanto al fenomeno del controllo della filiera della pesca, con tolleranza zero verso coloro che svolgono attività illecite in materia di pesca e commercializzazione di prodotti ittici non tracciabili, siamo decisamente concordi con la Capitaneria di Porto, auspicando che tali controlli proseguano con assiduità, costanza e soprattutto che vi siano risorse umane, economiche e disponibilità perché questa azione prosegua con i ritmi e la perseveranza necessari, e non solo nei piccoli negozi e nei nostri eccellenti ed eccelsi esercizi di ristorazione» – ha concluso Montaruli.
Coldiretti Puglia plaude all'attività della Capitaneria di Porto di Barletta che ha portato al sequestro di pesci e molluschi senza etichettatura, destinati a pescherie e ristoranti. «E' sempre più alto il rischio – commenta il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture prodotto straniero o congelato. Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall'estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all'assenza dell'obbligo di etichettatura dell'origine. Ad oggi, infatti, l'unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall'importazione, che ha superato il 76 per cento è rappresentato dall'acquacoltura, che invece viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo».
Nel 2017 gli arrivi di pesce fresco e congelato dall'estero hanno raggiunto le 554mila tonnellate, con un balzo in avanti del 10% nel primo semestre rispetto allo stesso periodo del 2016, secondo un'elaborazione Coldiretti Impresapesca su dati Istat. Il risultato è che ben tre pesci su quattro venduti nel nostro Paese provengono dall'estero, pronti per essere serviti come tricolori nella ristorazione, dove non c'è l'obbligo dell'indicazione d'origine. «Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – che ha causato la perdita del 35% dei posti lavoro e la chiusura del 32% delle imprese, una "rotta persa" da tempo dal settore con una governance debole ed incapace di gestire una politica di ripresa. Un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni. La produzione ittica derivante dall'attività della pesca è da anni in calo e quella dell'acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell'attività tradizionale di cattura. Una rinascita che passa per il mercato, e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire iniziative che hanno come obiettivo la semplificazione, il mercato e la tracciabilità». Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia, il cui valore economico è pari all'1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l'intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi.
Proprio per combattere questa situazione Coldiretti Impresapesca è impegnata per garantire la trasparenza dell'informazione ai consumatori dal mare alla tavola anche con progetti che riguardano la ristorazione, dove si sta diffondendo la "carta del pesce" per distinguere il prodotto made in Italy mentre enormi passi in avanti sono stati fatti sull'etichettatura nei banchi di vendita. Il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l'etichetta, che per legge deve prevedere l'area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Nella fattispecie l'attenzione dei militari della Capitaneria di Porto si sarebbe concentrata su pescherie e ristoranti della provincia. Immediatamente dopo le operazioni di verifica e di controllo è stato il presidente UNIBAT – Settore Turismo e Pubblici Esercizi della Bat, Savino Montaruli, ad intervenire anche su questi casi, dopo averlo fatto in modo approfondito su quelli immediatamente precedenti che hanno interessato le gelaterie di ben 12 comuni delle province di Bari e della Bat.
Anche in questa circostanza Montaruli analizza i dati dei rilievi, esattamente come aveva fatto per le gelaterie, evidenziandone gli aspetti "mediatici" che non devono mia superare i "fatti". Il sindacalista andriese ha dichiarato: «L'incremento dei controlli e delle verifiche sugli esercizi commerciali e su quelli pubblici sono sempre elemento di soddisfazione perché in ballo ci potrebbe essere anche la salute dei consumatori e la leale concorrenza tra gli operatori. Esattamente come ho fatto, ed a quanto pare resto ad averlo fatto solamente io, con la questione relativa alle gelaterie, ridimensionando completamente quanto accaduto, sganciandolo da fatti e circostanze estranee e specificando in modo puntuale il contesto delle verifiche, anche in questa occasione sento il dovere di tutelare completamente l'immagine complessiva di pescherie e ristoranti della provincia.
Premesso che parliamo di esercizi commerciali e pubblici di grandissimo spessore e livello, invidiati in tutta Italia e spesso anche nel mondo per bontà gastronomiche, arte della preparazione, qualità e freschezza dei prodotti lavorati, venduti e somministrati, tutto questo premesso mi sembra giusto, corretto ed opportuno affermare che i sequestri dei 500 chilogrammi di prodotto ittico di vario genere sarebbero avvenuti non perché in cattivo stato di conservazione né perché avrebbero potuto arrecare danno alla salute umana ma "semplicemente" perché sforniti della prevista documentazione di tracciabilità ed etichettatura. Un'infrazione? Certo, sicuramente un'infrazione punibile per legge ma è opportuno precisarlo e sottolineare che si tratterebbe "solo" di questo e le motivazioni dell'assenza di tale documentazione vanno sicuramente approfondite, accertate quindi punite. Il numero esiguo, molto esiguo, quasi insignificante delle sanzioni amministrative elevate nella circostanza, sottolineo "amministrative", sarebbero addirittura solamente 9 per un ammontare totale di alcune migliaia di euro. Tutto questo va bene ma l'importante è che il messaggio arrivi al consumatore, al pubblico ed al lettore in modo chiaro e preciso.
Forse questo per quanto riguarda le gelaterie controllate alcuni giorni fa non è stato fatto e la confusione dovuta ad un'impropria "generalizzazione" dei casi non ha fatto bene anzi ha fatto malissimo. In quanto al fenomeno del controllo della filiera della pesca, con tolleranza zero verso coloro che svolgono attività illecite in materia di pesca e commercializzazione di prodotti ittici non tracciabili, siamo decisamente concordi con la Capitaneria di Porto, auspicando che tali controlli proseguano con assiduità, costanza e soprattutto che vi siano risorse umane, economiche e disponibilità perché questa azione prosegua con i ritmi e la perseveranza necessari, e non solo nei piccoli negozi e nei nostri eccellenti ed eccelsi esercizi di ristorazione» – ha concluso Montaruli.
Coldiretti Puglia plaude all'attività della Capitaneria di Porto di Barletta che ha portato al sequestro di pesci e molluschi senza etichettatura, destinati a pescherie e ristoranti. «E' sempre più alto il rischio – commenta il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture prodotto straniero o congelato. Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall'estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all'assenza dell'obbligo di etichettatura dell'origine. Ad oggi, infatti, l'unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall'importazione, che ha superato il 76 per cento è rappresentato dall'acquacoltura, che invece viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo».
Nel 2017 gli arrivi di pesce fresco e congelato dall'estero hanno raggiunto le 554mila tonnellate, con un balzo in avanti del 10% nel primo semestre rispetto allo stesso periodo del 2016, secondo un'elaborazione Coldiretti Impresapesca su dati Istat. Il risultato è che ben tre pesci su quattro venduti nel nostro Paese provengono dall'estero, pronti per essere serviti come tricolori nella ristorazione, dove non c'è l'obbligo dell'indicazione d'origine. «Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni – rileva Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – che ha causato la perdita del 35% dei posti lavoro e la chiusura del 32% delle imprese, una "rotta persa" da tempo dal settore con una governance debole ed incapace di gestire una politica di ripresa. Un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni. La produzione ittica derivante dall'attività della pesca è da anni in calo e quella dell'acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell'attività tradizionale di cattura. Una rinascita che passa per il mercato, e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, facendo partire iniziative che hanno come obiettivo la semplificazione, il mercato e la tracciabilità». Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia, il cui valore economico è pari all'1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l'intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi.
Proprio per combattere questa situazione Coldiretti Impresapesca è impegnata per garantire la trasparenza dell'informazione ai consumatori dal mare alla tavola anche con progetti che riguardano la ristorazione, dove si sta diffondendo la "carta del pesce" per distinguere il prodotto made in Italy mentre enormi passi in avanti sono stati fatti sull'etichettatura nei banchi di vendita. Il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l'etichetta, che per legge deve prevedere l'area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).