“Rèt a nu disc-t, na’nz pòt asconn nisceun”: a Minervino va in scena la commedia in vernacolo
La commedia, scritta dall’autore Antonio Gallucci, andrà in scena a marzo presso l’ex Cinema Moderno di Minervino
giovedì 20 febbraio 2025
12.11
"Rèt a nu disc-t, na'nz pòt asconn nisceun" è il titolo della commedia in vernacolo minervinese, che sarà portata in scena dalla compagnia teatrale "La Scesc-l" presso l'ex Cinema Moderno di Minervino Murge.
La commedia, scritta dal noto autore minervinese Antonio Gallucci con la regia di Loredana Sassi, andrà in scena durante i weekend del mese di marzo (sabato 1, 8, 15 e 22 e domenica 2, 9, 16 e 23) e promette di divertire il pubblico, offrendo anche degli spunti di riflessione. Attraverso l'uso del vernacolo, un linguaggio spesso crudo e scurrile, lo spettacolo offrirà agli spettatori il senso più profondo di ciò che verrà rappresentato.
È proprio in merito a questi aspetti che abbiamo intervistato lo scrittore e autore della commedia Antonio Gallucci, che ci ha raccontato qualcosa in più sullo spettacolo.
Qual è la trama e quali sono i temi principali della commedia?
«Giuann è un uomo in carriera impegnato sia in ambito lavorativo che politico; candidato sindaco, viene eletto per un pelo. Di quest'ultimo particolare non se ne fa un cruccio convinto di poter restare in sella per l'intera legislatura. Purtroppo, una serie di eventi mai considerati, scombussoleranno la sua vita: dalla scoperta di avere un "difetto", evidenziato dallo stress causato dalla fatiche della campagna elettorale, che ne inficia la virilità, al rapporto con una suocera (R-tèll) che, vedova da venti giorni e con l'avvallo di sua figlia Rosètt (moglie di Giuann) sceglie come dimora la sua, al fine di metabolizzare l'evento luttuoso, all'arrivo di un ex militare (mutilato) conosciuto in maniera fortuita dalla suocera in età adolescenziale, al ritorno, rivelatosi traumatico, di un amico emigrato, dal materializzarsi di una sua precedente avventura con la presa di coscienza di essere padre. Tra equivoci e situazioni paradossali si scoprono altari ed altarini, che coinvolgono tutti e nelle quali trovano spazio anche un medico alquanto libertino, un ingenuo vicino di casa e un giovane filibustiere alla ricerca di un sospirato posto fisso, si addiviene alla considerazione che nessuno può ritenersi immune dal peccato e che "Rèt a nu disc-t na'nz pòt asconn nisceun"!».
Qual è il significato del titolo in vernacolo?
«L'improbabilità di "nascondersi dietro a un dito" è la metafora che ha ispirato la stesura della storia. In apparenza, tale espressione può sembrare puerile ed oltremodo grottesca, considerato che a nessuno è possibile celarsi alla vista altrui in questa inverosimile maniera. Però, seppur la citazione è ritenuta la rappresentazione di una iniziativa ardua, non impedisce a molti la volontà di provarci per poter, soprattutto, facilmente puntare il dito senza esaminarsi in prima persona, dimenticando che, solo nel momento in cui prendiamo coscienza dei nostri peccati o delle nostre manchevolezze, cresce in ognuno di noi la disponibilità a seminare e spenderci per il bene degli altri. Pertanto, il "nascondersi dietro a un dito", altro non è che il patetico tentativo di tutelare e celare le fattezze dello "scheletro" che, nessuno escluso, tenta di ecclissare nel personale armadio».
Quanto è importante l'uso del vernacolo minervinese in questa
rappresentazione teatrale?
«Come in tutte le commedie che ho scritto, una cinquantina, delle quali oltre la metà rappresentate nell'arco di un quarantennio, ho sempre cercato di attingere dalla reale quotidianità con l'intenzione di rinverdire o acclarare quanto la nostrana storia ci rimanda o custodisce. Così anche per la presente, in quanto fermamente convinto che, rappresentare in vernacolo, giammai è solo l'atto del parlare la lingua dialettale bensì la contestualizzazione di situazioni e accadimenti rigorosamente supportati da dialoghi che contemplino anche espressioni a volta crude e scurrili ma che, appunto tali, riescono a dare al fruitore il vero senso di ciò che si sta rappresentando».
Cosa può aspettarsi il pubblico da questa commedia?
«In pratica, quello che si aspetta in tutte le occasioni nelle quali si approccia ad una mia opera: la speranza di non veder disattese le aspettative, la gioia per essersi rivisti in quanto narrato, l'aver trascorso una serata all'insegna del buonumore nonché la conferma, consapevole, di dover tornare a casa con l'immancabile pugno nello stomaco riveniente dall'immancabile invito alla riflessione. D'altronde il motto che ritengo appartenermi è: divertire sì, ma facendo riflettere», conclude Antonio Gallucci.
La commedia, scritta dal noto autore minervinese Antonio Gallucci con la regia di Loredana Sassi, andrà in scena durante i weekend del mese di marzo (sabato 1, 8, 15 e 22 e domenica 2, 9, 16 e 23) e promette di divertire il pubblico, offrendo anche degli spunti di riflessione. Attraverso l'uso del vernacolo, un linguaggio spesso crudo e scurrile, lo spettacolo offrirà agli spettatori il senso più profondo di ciò che verrà rappresentato.
È proprio in merito a questi aspetti che abbiamo intervistato lo scrittore e autore della commedia Antonio Gallucci, che ci ha raccontato qualcosa in più sullo spettacolo.
Qual è la trama e quali sono i temi principali della commedia?
«Giuann è un uomo in carriera impegnato sia in ambito lavorativo che politico; candidato sindaco, viene eletto per un pelo. Di quest'ultimo particolare non se ne fa un cruccio convinto di poter restare in sella per l'intera legislatura. Purtroppo, una serie di eventi mai considerati, scombussoleranno la sua vita: dalla scoperta di avere un "difetto", evidenziato dallo stress causato dalla fatiche della campagna elettorale, che ne inficia la virilità, al rapporto con una suocera (R-tèll) che, vedova da venti giorni e con l'avvallo di sua figlia Rosètt (moglie di Giuann) sceglie come dimora la sua, al fine di metabolizzare l'evento luttuoso, all'arrivo di un ex militare (mutilato) conosciuto in maniera fortuita dalla suocera in età adolescenziale, al ritorno, rivelatosi traumatico, di un amico emigrato, dal materializzarsi di una sua precedente avventura con la presa di coscienza di essere padre. Tra equivoci e situazioni paradossali si scoprono altari ed altarini, che coinvolgono tutti e nelle quali trovano spazio anche un medico alquanto libertino, un ingenuo vicino di casa e un giovane filibustiere alla ricerca di un sospirato posto fisso, si addiviene alla considerazione che nessuno può ritenersi immune dal peccato e che "Rèt a nu disc-t na'nz pòt asconn nisceun"!».
Qual è il significato del titolo in vernacolo?
«L'improbabilità di "nascondersi dietro a un dito" è la metafora che ha ispirato la stesura della storia. In apparenza, tale espressione può sembrare puerile ed oltremodo grottesca, considerato che a nessuno è possibile celarsi alla vista altrui in questa inverosimile maniera. Però, seppur la citazione è ritenuta la rappresentazione di una iniziativa ardua, non impedisce a molti la volontà di provarci per poter, soprattutto, facilmente puntare il dito senza esaminarsi in prima persona, dimenticando che, solo nel momento in cui prendiamo coscienza dei nostri peccati o delle nostre manchevolezze, cresce in ognuno di noi la disponibilità a seminare e spenderci per il bene degli altri. Pertanto, il "nascondersi dietro a un dito", altro non è che il patetico tentativo di tutelare e celare le fattezze dello "scheletro" che, nessuno escluso, tenta di ecclissare nel personale armadio».
Quanto è importante l'uso del vernacolo minervinese in questa
rappresentazione teatrale?
«Come in tutte le commedie che ho scritto, una cinquantina, delle quali oltre la metà rappresentate nell'arco di un quarantennio, ho sempre cercato di attingere dalla reale quotidianità con l'intenzione di rinverdire o acclarare quanto la nostrana storia ci rimanda o custodisce. Così anche per la presente, in quanto fermamente convinto che, rappresentare in vernacolo, giammai è solo l'atto del parlare la lingua dialettale bensì la contestualizzazione di situazioni e accadimenti rigorosamente supportati da dialoghi che contemplino anche espressioni a volta crude e scurrili ma che, appunto tali, riescono a dare al fruitore il vero senso di ciò che si sta rappresentando».
Cosa può aspettarsi il pubblico da questa commedia?
«In pratica, quello che si aspetta in tutte le occasioni nelle quali si approccia ad una mia opera: la speranza di non veder disattese le aspettative, la gioia per essersi rivisti in quanto narrato, l'aver trascorso una serata all'insegna del buonumore nonché la conferma, consapevole, di dover tornare a casa con l'immancabile pugno nello stomaco riveniente dall'immancabile invito alla riflessione. D'altronde il motto che ritengo appartenermi è: divertire sì, ma facendo riflettere», conclude Antonio Gallucci.