Nuove grane per la Banca Popolare di Bari: arriva una maxi sanzione dalla Consob

Azionisti esasperati chiedono l' intervento del Parlamento

sabato 6 ottobre 2018 6.04
Come noto il prezzo di vendita delle azioni della Banca Popolare di Bari è sceso dal massimo storico di 9,53 a 2,38 euro, con una perdita secca di circa il 75% per chi aveva comprato a prezzo pieno. Questa perdita, come noto, ha allarmato la moltitudine dei circa 70.000 azionisti, impauriti dalla possibilità di perdere quasi integralmente il loro capitale.

Dinanzi a questo peggioramento della situazione, da due anni il Comitato ha già attivato tutti gli strumenti di reazione possibili: azioni dinanzi all'Arbitro delle Controversie Finanziarie ed al Tribunale, che ad oggi hanno visto i risparmiatori ottenere decisioni favorevoli nei confronti delle banche; affiancamento dei risparmiatori in esposti presso Banca d'Italia, Consob e la Procura della Repubblica. In via stragiudiziale, il Comitato ha esercitato un pressing per ottenere dalla BPB un fondo di solidarietà, mutui per azionisti in difficoltà, quotazione su un mercato secondario trasparente.
Oggi è giunta la notizia che la Consob ha formalmente sanzionato la banca ed i suoi vertici per le seguenti ragioni: a) per le modalità di determinazione del prezzo delle azioni durante gli aumenti di capitale varati nel 2014 e nel 2015; b) per omissioni di informazioni nei prospetti informativi di quel periodo; c) perché molti clienti a cui sono state vendute le azioni in quegli anni presentavano un portafoglio inadeguato; d) per carenze procedurali ed errori operativi nella gestione degli ordini di vendita quando vi era ancora il mercato interno.

Tali sanzioni rafforzano giuridicamente le ragioni degli azionisti che intendano agire per recuperare il loro investimento.
A questo punto, riteniamo comunque indispensabile e non più rinviabile un intervento legislativo di tutela degli azionisti della BPB, ma anche ovviamente di tutte le altre banche popolari che abbiano i loro azionisti nelle medesime condizioni. Si propone pertanto pubblicamente un disegno di legge che abbia, in estrema sintesi, i seguenti contenuti: L'art. 12 comma 7 del T.U.B. riconosce espressamente alle banche la facoltà di emettere prestiti non rimborsabili (oppure rimborsabili solo previa autorizzazione della Banca d'Italia). Con questo provvedimento si consentirebbe ai portatori di azioni (illiquide, non quotate e svalutate) di convertirle in obbligazioni irredimibili, ossia non rimborsabili, che garantiscano però agli azionisti che oggi non riescono a vendere le azioni detenute: 1) sia un rendimento piccolo ma certo (non inferiore al 2% annuo) in quanto garantito anche da apposita polizza assicurativa ; 2) sia un titolo che sia appetibile e quindi scambiabile sul mercato, in quanto appetibile per le sue caratteristiche di strumento di risparmio e non certo di investimento a rischio.

Di seguito il testo integrale della proposta di legge e della relazione di accompagnamento.
Il Comitato proporrà a tutte le forze presenti in Parlamento l'adozione di tale normativa, anche al fine di richiamare alle proprie responsabilità le Istituzioni politiche e tecniche, che sino ad oggi sono rimaste tutte silenti.
Il Comitato con tutte le Associazioni di consumatori componenti ed altre ancora che hanno manifestato la volontà di affiancare il lavoro sin qui svolto, convoca un incontro pubblico, nel corso del quale saranno descritti ai soci tutte le azioni che si stanno svolgendo in sede civile, penale, dinanzi alle Autorità di Vigilanza e da oggi anche in campo legislativo. L'incontro è organizzato insieme alla Camera Arbitrale e della Mediazione di Bari e si svolgerà presso la Camera di Commercio di Bari, Corso Cavour n.2, martedi 30 ottobre alle ore 16.

Il Comitato è costituito dai seguenti soggetti: Adusbef (Avv. Vincenzo Laudadio), Adiconsum (Vincenzo Riglietta), Assoconsum (Dott. Francesco Decanio), Codacons (avv. Alessandro Amato), Codici (Prof. Canio Trione), Confconsumatori (Avv. Antonio Pinto), Unione Nazionale Consumatori (Dr. Andrea Cardinale).


Ecco la relazione di accompagnamento alla proposta di legge
Il mercato finanziario ha registrato negli ultimi anni una pesantissima caduta di fiducia verso gli emittenti e verso ogni forma di collocazione finanziaria del risparmio. Si impone quindi un più attivo impegno di tutela del risparmio, sia in ossequio a quanto prescritto dalla nostra Carta Costituzionale, sia in ordine ad un rilancio effettivo del mercato creditizio e finanziario, da ottenere ovviamente riconquistando la fiducia dei risparmiatori. La sfiducia si è materializzata in una fuga generalizzata verso le collocazioni più liquide, se non proprio sui depositi di conto corrente, con danno grave per l'economia reale e per l'intero sistema finanziario. L'imperativo di meglio tutelare il risparmio trova nella presente proposta una risposta necessaria, anche se ancora parziale, ad un'esigenza urgente e vivamente avvertita.
Con questo provvedimento si consente ai portatori di azioni (spesso illiquide o svalutate per l'andamento avverso del mercato, appunto affetto al momento da profonda sfiducia) di convertirle in obbligazioni irredimibili (irredimibili proprio per non modificare in nulla gli equilibri patrimoniali dell'emittente) che garantiscano un rendimento piccolo ma certo.
Come noto, l'art. 12 comma 7 del T.U.B. riconosce espressamente alle banche la facoltà di emettere prestiti irredimibili (ovvero rimborsabili previa autorizzazione della Banca d'Italia) secondo la disciplina indicata dalla Banca d'Italia. Orbene, con Circolare della Banca d'Italia "Istruzioni di Vigilanza per le banche", n.229 del 21.04.99, come aggiornata il 03.01.2002, si prevede espressamente che le banche possano emettere: "prestiti irredimibili ovvero rimborsabili previa autorizzazione della Banca d'Italia", passività il cui contratto prevede le tre condizioni espressamente descritte a pag. 3 della ridetta Circolare.

La liquidabilità delle obbligazioni irredimibili convertibili è data sia dalla possibilità di venderle sul mercato, sia dalla possibilità di convertirle in azioni e quindi esitare queste ultime nel proprio mercato. Il risparmiatore realizza così uno scambio: rinunzia al diritto di voto in assemblea, in cambio di un piccolo rendimento certo che può rendere appetibile il titolo a dei risparmiatori e ad un mercato diverso da quello spesso speculativo proprio dei titoli azionari.
La governance della azienda emittente viene in questa maniera ulteriormente confermata, in quanto la platea del flottante "votante" si riduce con il cambio di azioni in obbligazioni, mentre la scalabilità diviene più onerosa in quanto la quotazione delle convertibili sarà presumibilmente mediamente più elevata di quella delle azioni; circostanza questa ultima a tutto vantaggio del piccolo risparmiatore. Inoltre, anche la quotazione delle azioni sarà mediamente superiore a quella che sarebbe in assenza delle obbligazioni irredimibili convertibili. Peraltro, si sottolinea che l'interesse vero del piccolo risparmiatore non risiede nella volontà di influire con il proprio voto sulle politiche aziendali ma nell'avere un rendimento, piccolo ma certo; rendimento integrato da una ipotesi non peregrina di lucrare -episodicamente profittando delle parentesi positive del mercato- un capital gain; possibilità garantita proprio dalla convertibilità (ma solo a scelta del risparmiatore) delle istituende obbligazioni.

In ogni caso si sottolinea che la presente proposta di legge in realtà non farebbe che formalizzare quello che è vero già nella sostanza: i piccoli azionisti non comprano le azioni per fare speculazioni o per governare l'azienda emittente, bensì solo per avere un impiego del capitale che eviti l'erosione dell'inflazione e assicuri un minimo di rendimento. L'ottica dei piccoli azionisti insomma è quella del risparmio e non dell'investimento. La introduzione di questo particolare titolo -per estrema sintesi- permette dunque di avere un sistema finanziario meno esposto a forti escursioni dei corsi, e quindi più stabile ed affidabile.
La prassi ormai consolidata di ridurre la massa dei risparmiatori in una specie di bancomat cui nulla si debba, è ingiusta e suicida, e quindi - nell'interesse di tutti - deve finire. La presente proposta permette, con le logiche proprie della finanza, di indirizzarsi proprio in questa direzione anche, al fine di risolvere taluni casi che vedono attualmente i piccoli azionisti di banche popolari e locali subire rilevanti decurtazioni del prezzo delle azioni. Tali soggetti avevano acquistato non certo per finalità speculativa, ma solo perché avevano ricevuto garanzie di un'assoluta sicurezza sulla restituzione della sorte capitale investita. Il primo utilizzo di tale strumento dovrà quindi essere indirizzato proprio ai soci piccoli azionisti di tali banche, come ad esempio la Banca Popolare di Bari, la Banca Popolare di Sondrio. Per tali banche il valore di conversione sarà uguale a quello della sorte capitale dell'investimento originariamente eseguito.
Infine si sottolinea come la seguente proposta evita qualsiasi procedura di infrazione per "aiuti di Stato" e non usa i soldi dei contribuenti per risanare le perdite dei risparmiatori.


Il testo della Proposta di Legge:
Ai titolari di azioni emesse da aziende quotate o sul mercato principale o su quelli secondari, che non possiedono più dell'uno per cento del totale delle azioni in circolazione, è data facoltà di chiedere ed ottenere la conversione delle loro azioni in obbligazioni irredimibili, con clausola di subordinazione, convertibili in azioni nella misura di uno a uno. Per le banche Popolari soggette all'obbligo di trasformazione in S.p.A., secondo quanto previsto dal Decreto Legge n.3/2015 e s.m.i. il concambio avverrà secondo il valore nominale che l'azione aveva al momento della pubblicazione del suddetto D.L.
Le aziende quotate al mercato principale ed a quelli secondari devono indicare, in sede di approvazione del bilancio, il valore ufficiale delle loro azioni riveniente dall'attivo quale si evince dal conto patrimoniale - incluse poste materiali ed immateriali - che deve esser diviso per il numero di azioni in circolazione per ottenerne il valore teorico unitario.
Il rendimento delle nuove obbligazioni è deliberato dall'Assemblea dei soci e non deve essere minore del 2% annuo del valore, determinato come all'art. 2, e tali titoli obbligazionari non hanno scadenza, né rimborso.

La emissione delle obbligazioni irredimibili convertibili di cui innanzi hanno natura di titoli subordinati, pertanto, in nulla modificano lo stato patrimoniale dell'emittente, atteso che tali obbligazioni concorrono a comporre il patrimonio di vigilanza della banca emittente.
Le obbligazioni convertibili irredimibili sono regolarmente quotate sullo stesso mercato delle azioni che hanno sostituito.
Il rendimento delle obbligazioni irredimibili convertibili è garantito da apposita polizza assicurativa o strumento analogo.
L'opzione di conversione può avvenire in qualunque momento.
Il rendimento viene regolato alla fine dell'esercizio (31 dicembre di ogni anno) e quantificato per i giorni di effettivo possesso delle obbligazioni.
I portatori di obbligazioni irredimibili convertibili non hanno diritto di voto in assemblea né ordinaria, né straordinaria.