Chiuse e trattate come discariche, le grotte di Minervino Murge finiscono nell'oblio

Dellisanti: «Potrebbero rappresentare fonte di attrazione per il turismo speleologico»

venerdì 24 giugno 2022
A cura di Ida Vinella
Furono scoperte nel 2005, ma da allora nulla è stato fatto per le Grotte Montenero-Dellisanti, un suggestivo geosito di natura carsica localizzato nei pressi di Minervino Murge. Già sulle pagine del Viva Network oltre 10 anni fa approfondivamo la loro storia grazie alle ricostruzioni del loro scopritore, il geologo e professore barlettano Ruggiero Maria Dellisanti.

Un susseguirsi di fenomeni carsici molto suggestivi, ma ad oggi profondamente cadute nell'oblio: le Grotte Montenero-Dellisanti sono annoverate nel catasto regionale delle grotte pugliesi e tutelate con un apposito decreto pubblicato sul B.U.R.P. n. 155 del 15/12/2005. Si tratta di sette ipogei carsici, inclusi tra i 45 presenti nel solo territorio di Minervino Murge e parte del patrimonio di circa 3.000 ipogei carsici nell'intera Regione Puglia: una incommensurabile bellezza naturale, tutelata dalla legge ma, nel caso specifico, mai valorizzata in alcun modo.

«La tutela del patrimonio carsico, oltre a rappresentare la conservazione del territorio e dell'habitat regionale a disposizione per le future generazioni, potrebbe innescare anche una fonte di attrazione turistica di nicchia quale potrebbe essere il turismo speleologico» riferisce il professor Dellisanti. «Tutte le cavità carsiche sono censite nel catasto regionale delle grotte pugliesi con precise indicazioni sulla localizzazione e ampia descrizione delle particolarità e delle criticità che ovviamente sono presenti perché in passato "i buchi del terreno" erano considerati luoghi dove riversare rifiuti di ogni genere. Minervino Murge ha un patrimonio carsico di tutto rispetto che purtroppo ad oggi è inaccessibile al comune visitatore e in alcuni casi anche ricettacolo di rifiuti come risulta documentato dalle note delle schede catastali».

«Nonostante le numerose sollecitazioni e le segnalazioni sullo stato di degrado in cui versa il patrimonio ipogeo, da parte delle amministrazioni locali non è stata mai intrapresa alcuna attività, considerando che nel frattempo si sono succeduti quattro sindaci, e purtroppo si sottovalutano le potenzialità economiche che potrebbero derivarne».

Nel periodo di quasi 20 anni trascorso dalla loro scoperta, sono stati realizzati convegni, approfondimenti, articoli giornalistici, ma all'atto pratico non è stata neppure effettuata una ricognizione per verificare lo stato dei luoghi e soprattutto monitorare l'eventuale presenza di rifiuti e nel caso procedere alla loro rimozione.

«È auspicabile che le associazioni, l'Ente Parco dell'Alta Murgia, CAI o il FAI - conclude Dellisanti - possano creare un risveglio di coscienze e interesse nella tutela e valorizzazione del territorio».